domenica 3 maggio 2020

Cos’è il Buy back e qual è il significato dell’operazione di riacquisto azioni?

da Money.it

Buy back: cos’è e qual è il significato del termine?
Senza giri di parole il significato di buy back è letteralmente quello di riacquisto di azioni proprie posto in essere da parte di una società quotata.
Esso può avere diverse conseguenze, ma lo scopo primario è in genere quello di garantire una remunerazione agli azionisti. Tramite il buy back la società in questione riacquista parte delle proprie azioni sul mercato e di conseguenza le cancella non potendo essere azionista di se stessa.
Il significato di buy back è dunque quello di riduzione delle azioni presenti sul mercato e conseguente aumento del valore di quelle rimanenti. Di seguito una guida completa sull’argomento, dal cos’è il buy back, al significato del termine, fino alle modalità con cui può prendere vita.

Buy back: cos’è? Il significato del termine

Come già accennato, la definizione letterale di buy back è quella di riacquisto di azioni proprie. Per capire al meglio il significato del termine è necessaria però qualche precisazione aggiuntiva.
Il buy back permette alla società di investire su sé stessa. Riducendo il numero di azioni sul mercato, l’operazione di riacquisto permette di aumentare il valore delle stesse dato che ogni investitore di quella società avrà una porzione più grande della stessa essendo diminuito il numero complessivo di titoli (ossia di pezzetti in cui la società è divisa).
In altre parole il buy back può prendere vita in diversi casi e cioè può avere diversi obiettiviIn primis l’operazione può rispondere alle esigenze di una società che consideri le proprie azioni sottovalutate; in secundis può mettere in luce le previsioni rialziste dell’azienda delle sue attuali operazioni. Poi ancora può rispondere all’esigenza di garantire un ritorno nelle mani degli azionisti.

Come realizzare un buy back? Le modalità

L’operazione di riacquisto di azioni proprie può essere realizzata in due modi. Possiamo infatti parlare o di offerta diretta, detta anche tender offer, oppure possiamo fare riferimento ad un acquisto sul mercato.
  • Offerta diretta: in questo caso con il buy back la società offre agli azionisti di riacquistare un tot di azioni a una forchetta di prezzo che viene stabilita all’interno di un determinato arco temporale. È la pratica più diffusa.
  • Acquisto sul mercato: in questo caso il riacquisto di azioni proprie da parte della società avviene con le modalità utilizzate da un qualsiasi investitore, ossia ad un prezzo stabilito dalle dinamiche di mercato (incontro domanda/offerta). Questa seconda modalità di buy back è in genere poco utilizzata dalle aziende poiché non appena viene diffusa la notizia il prezzo delle azioni schizza.
Il buy back, o riacquisto di azioni proprie, segue insomma uno schema ben preciso che si articola per gradi:
  1. la società riacquista alcune sue azioni;
  2. tali azioni vengono riassorbite e cancellate, poiché la società non può essere investitore di sé stessa;
  3. la cancellazione riduce il numero di azioni sul mercato;
  4. meno azioni ci sono, più aumenta il loro valore;
  5. essendo aumentato il loro valore, ogni azionista ha una fetta più grande della società e dunque un maggior profitto.

Motivazioni del buy back

Una società quotata sul mercato decide di condurre un’operazione di buy back sulla base di diverse motivazioni, alcune delle quali sono state già accennate in precedenza:
  • Eccesso di liquidità: l’azienda ritiene che la sua liquidità in eccesso possa essere più redditizia se investita nelle sue stesse azioni, piuttosto che adoperata in impieghi bancari o reinvestita. La società in questo caso si comporta come un risparmiatore esterno che decide di portare avanti un investimento nel suo stesso titolo.
  • Valore per gli azionisti: poiché un’operazione di buy back:
    • aumenta la quotazione dei titoli, in quanto ne sostiene la domanda sul mercato;
    • aumenta il valore patrimoniale dei titoli rimasti, qualora i titoli soggetti a buy back vengano distrutti.
  • Mantenimento della maggioranza, assoluta o relativa delle quote azionarie, e quindi del controllo e della proprietà aziendale, in quanto le azioni riacquistate dall’emittente escono dal listino-mercato azionario, e non possono essere oggetto di offerta pubblica di acquisto. 
  • Ottenere una plusvalenza: acquistando le azioni ai minimi storici per rivenderle sul mercato, non appena le quotazioni ritornano ai livelli precrisi.

Scopi del buy back

Come sarà già emerso nelle precedenti righe, le operazioni di buy back sono utilizzate per attuare:
  • Piani di stock option: l’attribuzione di azioni ai dipendenti e/o agli amministratori della società, implica che l’azienda debba dotarsi di pacchetti azionari.
  • Distribuzione di azioni o altre opzioni su azioni a titolo gratuito o oneroso, ai dipendenti e amministratori dell’emittente o di società controllate.
  • Scambi di azioni con altre società di capitali, nell’ambito di operazioni di natura strategica di interesse per gli emittenti.
  • Valutazione azionaria: il buy back può anche dare un importante segnale al mercato di come gli amministratori ritengano che il titolo sia sottovalutato. Se tale segnale viene recepito, gli agenti potrebbero investire in detto titolo e portare le quotazioni a salire.
A seguito della crisi del 2008, le operazioni di buy back si sono diffuse anche per altri strumenti finanziari come le obbligazioni, ed anche a soggetti di diritto pubblico, con il riacquisto di titoli di debito sovrano da parte delle Banche Centrali.
In questi casi, l’operazione è finalizzata a:
  • evitare che all’asta con gli investitori istituzionali restino invendute delle obbligazioni;
  • collocare i titoli con interessi più bassi: aumentando la domanda scende il costo complessivo del debito pubblico e si mantiene ripagabile anche nel lungo termine.

Effetti del buy back

Le operazioni di buy back risultano piuttosto convenienti se si guarda alle loro conseguenze sugli indici della società. Il riacquisto di azioni proprie, e dunque una loro riduzione sul mercato, aumenta la fetta societaria e il profitto di ciascun azionista. In altre parole aumenta l’EPS.

A migliorare sono così anche il ROE e il ROI: in questo ultimo caso viene ridotto il numero di asset e dunque il denominatore del rapporto necessario al calcolo.

Esempio di buy back

Nonostante abbia avuto un anno fiscale piuttosto buono, la società Xconsidera i propri titoli sottovalutati rispetto a quelli dei principali competitor. Per remunerare i propri azionisti nel lungo periodo e alzare il valore delle azioni, decidere di procedere con un’operazione di buy back volta al riacquisto del 10% di azioni proprie.
I titoli X sono in totale 1 milione e gli utili totali sono pari a 1 milione di euro. Di conseguenza l’EPS (utile per azione) è di 1 euro. Il rapporto P/E è di 20, per cui le azioni scambiano a 20 euro ciascuna.
EPS = 1.000.000 utili/1.000.000 azioni = 1 euro
Come accennato, la società vuole procedere al buy back del 10% delle sue azioni, che nel nostro esempio corrisponde a 100.000 titoli (su 1.000.000). Il nuovo EPS sarà aumentato da 1 euro a 1,11 euro, dato che non dovrà più essere calcolato su un milione di azioni ma su 900.000.
Nuovo EPS = 1.000.000 utili/900.000 azioni = 1,11 euro
Con un P/E ratio di 20, il valore delle azioni non sarà più di 20 euro ciascuna, ma di 22,22 dopo il buy back, ossia dopo il riacquisto.
1,11 x 20 = 22,22 euro per azione

P/E, rapporto prezzo/utili: definizione, modalità di calcolo e utilizzo


   

da Money.it

La guida completa e le differenze con EPS ed earnings yeld.P/E: qual è la definizione del rapporto prezzo/utili ma soprattutto quali le modalità di calcolo e di utilizzo della relazione?

Con P/E ratio si intende letteralmente il calcolo del rapporto tra il prezzo corrente di un’azione e l’utile a questa associato.
Esso rappresenta una delle misure di maggior utilizzo da parte degli investitori e degli analisti. Il fatto che il P/E sia un rapporto rende la relazione prezzo/utili particolarmente adatta per scopi di valutazione, ma è difficile da utilizzare quando si procede al calcolo dei rendimenti potenziali soprattutto in un paniere di investimenti differenti.
In poche parole la definizione base di P/E parla del prezzo delle azioni diviso per l’EPS, letteralmente utile per azione. Bisogna ora capire come si calcola questo rapporto e qual è il suo utilizzo. A cosa serve?
Ora che abbiamo ben chiara la definizione di P/E occorre fare alcune precisazioni prima di procedere nella nostra analisi del rapporto prezzo/utili. Vediamo allora tutto quello che c’è da sapere sul P/E, qual è l’utilizzo e quali sono le modalità di calcolo del rapporto prezzo/utili.

P/E, rapporto prezzo/utile: definizione e calcolo

Come si calcola il P/E? Il rapporto prezzo/utili si calcola ponendo al numeratore il prezzo di una singola azione societaria e al denominatore l’EPS (earning per share), ossia l’utile per azione. Prima di trovare il rapporto P/E bisognerà scovare il nostro EPS che ha una modalità di calcolo piuttosto semplice:
EPS = utile netto societario/numero di azioni emesse
Una volta calcolato il nostro EPS possiamo passare al rapporto prezzo/utili:
P/E ratio = prezzo di ciascuna azione/EPS

Facciamo un esempio pratico. Voglio scoprire il rapporto prezzo/utili della società X che ha emesso 10.000 azioni, che ha un utile netto di 5.000 euro e che ha un prezzo per azione di 5 euro. Innanzitutto mi calcolo il mio EPS che, secondo le formule appena descritte, è pari a: 5.000/10.000=0,5 euro. Dopo aver trovato il mio utile per azione posso procedere al calcolo del rapporto prezzo/utili che sarà: 5/0,5=10. Il mio P/E è 10.
Ora che sappiamo qual è la definizione e quali sono le modalità di calcolo del P/E bisognerà capire a cosa serve il rapporto prezzo/utili.

P/E, rapporto prezzo/utile: a cosa serve? L’utilizzo

Un altro modo di guardare la definizione di P/E è il seguente: quante volte il prezzo dell’azione esaminata incorpora l’utile societario. Di conseguenza, più il rapporto P/E sarà alto più ciò significherà che gli investitori sono disposti a pagare di più per avere il livello di utili del denominatore. In altre parole il P/E è anche una misura della fiducia del mercato nei confronti delle capacità societarie di incrementare gli stessi utili.
In parole ancor più semplici potremmo invece definirlo come un rapporto che ci permette di sapere quanto pagare per ottenere un utile di quella società. L’utilizzo del rapporto prezzo/utili è piuttosto frequente in quanto consente di evidenziare quanto un titolo è sopravvalutato o sottovalutato rispetto ai conti di bilancio della società in esame.
Dal punto di vista teorico il P/E serve a calcolare quanti anni dovrò aspettare per recuperare il mio intero investimento a utili costanti. Torniamo all’esempio precedente: se una società ha un utile per azione di 0,5 euro e ha anche un prezzo di 5 euro per azione allora il mio rapporto prezzo/utili sarà pari a 5/0,5 = 10.

Ciò significa che io, investitore, dovrò aspettare 10 anni per recuperare l’intero investimento a utili costanti. Ecco insomma cos’è il P/E, qual è la sua definizione, le modalità di calcolo e l’utilizzo del rapporto prezzo/utili.

P/E, rapporto prezzo/utili: quanti tipi ne esistono?

A seconda del tipo di utili presi in considerazione nel calcolo del rapporto abbiamo la facoltà di individuare due tipi “diversi” di P/E:
  • Trailing P/E: se al denominatore consideriamo gli utili realmente conseguiti e dunque espressi nell’ultimo bilancio societario di esercizio.
  • Forward P/E: come si evince dalla terminologia utilizzata, in questo caso il rapporto prende in considerazione non gli utili conseguiti, ma quelli stimati per l’anno successivo di esercizio.

P/E, rapporto prezzo/utili: un confronto

Il P/E, oltre che per un titolo specifico, è ancor più utile se paragonato ad altri parametri e da questo punto di vista ne distinguiamo 3.
P/E di settore: in questo caso paragoniamo il rapporto prezzo/utili di un titolo a quello delle altre compagnie della stessa taglia e dello stesso settore; il paragone viene effettuato anche con il P/E medio dello stesso comparto preso in considerazione e in questo modo abbiamo la facoltà di capire se quel titolo è sopravvalutato o sottovalutato.
P/E relativo: in questo caso cerchiamo di capire qual è la percezione degli investitori paragonando il P/E del titolo con il suo rapporto prezzo/utili in un determinato periodo di tempo. 

PEG Ratio: paragona il P/E alla crescita (futura o passata) degli utili. Un titolo con un P/E di 10 e con una crescita del 10% ha un PEG pari a 1, mentre un titolo con un P/E di 10 e una crescita del 20% ha un PEG di 0,5. In quest’ottica la seconda azienda è sottovalutata rispetto alla prima.

P/E ratio, rapporto prezzo/utili: differenze con earning yields (U/P)

L’earning yelds, in italiano rapporto U/P, ha una definizione speculare a quella del rapporto prezzo/utili, ossia P/E. In altre parole è il suo reciproco essendo esso pari a:
P/U = utile per azione (EPS)/prezzo di ciascuna azione = 1/(P/E) espresso in %
Facciamo ancora una volta un esempio pratico per capire quali sono la definizione, l’utilizzo e la modalità di calcolo di questi indicatori.
Il titolo X ha le seguenti caratteristiche:
  • Prezzo: 10 euro;
  • EPS: 0,50 euro
  • P/E: 20
  • U/P: 5%
Il titolo Y ha invece le seguenti caratteristiche:
  • Prezzo: 20
  • EPS: 2 euro
  • P/E: 10
  • U/P: 10%
Alla luce di questi dati, e ammettendo che le due società siano simili ed operino nello stesso settore, quale delle due ha un valore maggiore? La risposta più ovvia è la Y, dato che dal punto di vista valutativo ha un P/E più basso, mentre ha un U/P più alto, esattamente del 10% il che significa che per ogni euro investito nelle azioni sarà generato un EPS di 10 centesimi. Nel caso dell’azienda X, invece, per ogni euro investito avremmo un EPS di 5 centesimi.

Rispetto al P/E, il rapporto U/P, ossia l’earning yeld permette di valutare la convenienza tra un’azione e un’obbligazione ad alto rendimento.

P/E ratio, rapporto prezzo/utili: differenze con EPS

Come abbiamo già avuto modo di vedere nella sezione dedicata al calcolo del P/E, il rapporto prezzo/utili si discosta anche dall’EPS, anche se le due misure sono strettamente correlate (essendo l’utile per azione fondamentale al calcolo del P/E).
L’EPS, o utile per azione, è la misura base per capire la redditività di una società. L’utile per azione si calcola dividendo l’utile netto aziendale per il numero di azioni ordinarie emesse dalla società sul mercato. Esattamente come il rapporto prezzo/utili, anche l’EPS può essere di due tipi:
  • Basic: si calcola dividendo l’utile netto disponibile agli azionisti ordinari per la media ponderata delle azioni ordinarie emesse durante l’anno;
  • Diluted: le azioni ordinarie rappresentano una stima sulla base dell’effetto di esercizio e della possibile conversione dei titoli.
Ecco, insomma, cos’è il P/E, quale la sua definizione, il suo utilizzo, le sue modalità di calcolo e quali sono le differenze del rapporto prezzo/utili con EPS ed earning yelds.